I sorrisi non fanno rumore by Enrica Tesio

I sorrisi non fanno rumore by Enrica Tesio

autore:Enrica Tesio
La lingua: ita
Format: mobi, epub, azw3
Tags: Women, General, Fiction
ISBN: 9791221703146
editore: Bompiani
pubblicato: 2023-10-24T23:00:00+00:00


11.

Dell’incidente di Andrea rimase il silenzio, dopo. In casa per mesi siamo stati zitti. Zitta la televisione, la radio, anche il telefono stava zitto. Quando mamma parlava la sentivo attraverso il muro, rimanevo col fiato sospeso perché era l’avvocato o l’assicurazione, ma non si poteva chiederle subito cosa le avessero detto o si innervosiva, bisognava aspettare che fosse lei a iniziare il discorso a cena o in un altro momento. La curiosità era peccato, non in senso religioso, era un affronto alla dignità. Dove sei stata? Con chi parlavi? non erano domande che le si potevano rivolgere senza ricevere in cambio uno sguardo di biasimo. Era lei, due giorni dopo, a dire: “Ci sono cattive notizie.” Lo stesso valeva se le notizie erano positive, non aveva nessuna fretta di comunicarle e lo sa solo Dio quanto avessi bisogno di buone notizie. Però le potevi chiedere del funzionamento di una pentola a pressione oppure un aiuto con le parole crociate o il sudoku. Io me ne fregavo delle pentole a pressione, non mi è mai interessata la meccanica, e odio le parole crociate, per me il rebus è sempre stata lei. Una sera, mentre si faceva un caffè d’orzo che lei chiamava misteriosamente “l’intruglio”, mi disse che era passato Cesare, io non c’ero, non c’ero quasi mai, in quel periodo lavoravo in un bar vicino all’università e per il resto del tempo mi infilavo in aula studio per finire di scrivere la tesi. Non incalzai, aspettai che

fosse lei a raccontarmi, mendicando nella mia mente qualche particolare. “Chiamalo, se hai voglia.” Fu tutto quello che ottenni, non abbastanza, non era chiaro se l’invito a chiamarlo fosse un’iniziativa di mia madre o una richiesta di Cesare.

Nel dubbio aspettai, ero diventata bravissima ad aspettare, fu lui a venire al bar, lui a sedersi lì davanti a me, con un’espressione interrogativa sul volto. Avevo le mani rovinate perché la proprietaria del locale, un’anziana che diceva hamburger vomitandone la u, per lavare i piatti mi faceva usare un detersivo allungato con la candeggina. “Toni, le tue belle mani…” mi disse Cesare prendendone una tra le sue attraverso il bancone. “Non è niente,” lo rassicurai, ma mi venne da piangere perché mi feci tenerezza, con la pelle arrossata e nessuno che a casa se ne fosse accorto. Provare tenerezza per sé stessi è una tentazione a cui non ci si deve abbandonare, come permettersi di essere tristi a lungo, come le vacanze che si protraggono troppo o i pisolini dopo pranzo, non riesci a dire basta. La tenerezza per sé richiede cautela o si prende tutto, un senso di struggente protagonismo. Quando ero piccola mi suonavo le costole da sola, abbracciandomi, per addormentarmi. Tamburellavo sulle ossa come fossero dei tasti e se ci penso devo ricacciare la commozione giù per la gola. So che non devo flirtare troppo con il pensiero di quella bambina, altrimenti mi perdono ogni cosa.

Il giorno dopo Cesare mi portò una crema e mi aspettò mentre mi cambiavo la divisa alla fine del turno.



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